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Terapia Intensiva, tanto è già cambiato

La Lettera

Sulla Gazzetta di Modena di oggi, la replica del Dr Matteo Nicolini, Presidente AAROI-EMAC Emilia-Romagna, ad un articolo (nella foto) pubblicato sulla stessa testata nella rubrica “Sanità e Dintorni” di domenica 31 maggio. Spett.le Direttore,in merito all’articolo di domenica 31 maggio nella rubrica “Sanità e Dintorni” del collega Dr. Camillo Valgimigli, mi sento in dovere di esprimere alcune considerazioni che ritengo siano necessarie per un approfondimento necessario ai Suoi lettori onde evitare fuorvianti interpretazioni circa quanto accade nei reparti di Terapia Intensiva.

Mi riferisco in particolare alle parole del Prof. Bronzetti riportate nell’articolo su menzionato che sono piene di descrizioni avulse dalla realtà dei fatti.Pur non conoscendo il professionista che le avrebbe espresse, cardiologo, ritengo doveroso intervenire senza polemica alcuna innanzitutto da lettore del suo giornale, da Medico modenese, da Anestesista Rianimatore e da rappresentante della associazione di categoria – AAROI-EMAC Emilia Romagna che ho il piacere di presiedere dal 2017.

Le Terapie Intensive innanzitutto sono “luoghi” a tutti gli effetti, frequentati da operatori sanitari, famigliari e amici dei degenti, ovviamente con una disciplina di accesso per ovvie ragioni che tutti facilmente possono comprendere.Definirli un luogo chiuso o peggio ancora un “non luogo” lo ritengo veramente fuorviante e falso, in contrasto peraltro con lo sforzo comune delle società nazionali di categoria, scientifiche e non (SIAARTI, AAROI-EMAC, ANIARTI, etc…) che congiuntamente hanno lavorato negli anni per un cambio culturale che ha portato addirittura alla nascita di progetti come “Intensiva.it” (grazie all’amico Dr. GiovanniMistraletti di Milano, www.intensiva.it, invito tutti i lettori a visitarlo) volti a spianare la strada all’umanizzazione delle cure e aprire (non chiudere) le Terapie Intensive ai cittadini e ai famigliari dei ricoverati.Sono tante a questo proposito le realtà italiane che lasciano entrare i parenti con orari “aperti” addirittura spesso meno rigidi di certe degenze ordinarie di Medicina o Chirurgia, ovviamente con alcuni limiti e una disciplina degli accessi, regole igieniche e numeriche a tutela esclusiva dei degenti critici.Tutto quanto scrivo si riferisce all’epoca “pre-Covid-19”, pertanto questo è il reale punto di partenza, non altri.Cos’ha portato il Covid-19 nelle Terapie Intensive, da questo punto di vista? Oltre lo stravolgimento lavorativo e il gravosissimo impegno dei medici e infermieri di Area Critica noto all’opinione pubblica, ha “semplicemente” acceso i riflettori anche su questo aspetto delle cure delle Terapie Intensive del nostro Sistema Sanitario Nazionale che troppo spesso rimangono spenti. Ci siamo re-inventati con tablet, smartphone e videochiamate alle famiglie per cercare di lasciare aperto quel canale comunicativo che l’Emergenza sanitaria ha tentato di stoppare, pertanto, anche in questo frangente, ci siamo messi in gioco, da uomini e da donne, non da “ingegneri meccanici della Formula 1” con empatia per avvicinare le famiglie ai pazienti che comunque erano in grado di interagire (e non solo loro…).


In conclusione, ringrazio per l’invito a una “umanità diversa” ma, anche per questo frangente, assai tardivo, in quanto la formazione degli Anestesisti Rianimatori da parecchi anni ha puntato l’attenzione anche sugli aspetti di umanizzazione delle cure e, perdonatemi, ritengo offensivo e denigrante descrivere il personale che opera in contesti così difficili dal punto di vista tecnico strumentale, di stress, di coinvolgimento emotivo, come carenti di umanità.Semplicemente quando si accendono le luci si vede meglio e l’umanità “diversa” si scopre esistere, ora come allora.

Dr Matteo Nicolini, Presidente AAROI-EMAC Emilia-Romagna



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